Curiosamente, questa canzone di perdita e malinconia nasce dalla lettura di un romanzo di fantascienza di L.R. Hubbard uscito in Italia nel 1954, Ritorno al Domani (To the Stars).
Alan Corday, un giovane tecnico di una Chicago non troppo lontana nel futuro – due o trecento anni – viene rapito da un gruppo di disperati su di un’astronave (il “Levriero del cielo”), e costretto a compiere con loro un viaggio nello spazio a velocità appena sub-luce: quando, dopo alcuni mesi, riuscirà a fare ritorno e correrà disperato alla ricerca di Cherita, la sua adorata fidanzata rimasta sulla Terra, si troverà a vagare nella notte e nel buio di una Chicago mutata, che egli non riconosce più, proprio come Cherita, ormai un’arzilla vecchietta dalla mente un po’ confusa, non riconoscerà più lui, dopo averlo atteso inutilmente per più di settant’anni.
Siamo nello spazioporto di Chicago subito prima che il protagonista venga rapito. Egli viene attratto, nella notte, da una musica di pianoforte che proviene non si sa bene da dove, una musica ultraterrena, affascinante e misteriosa: